L'Abbazia

Grazie al progetto "Le Vie dell'Abbazia" abbiamo realizzato alcuni itinerari per le tue gite a Sesto! Mappe e info all'Ufficio Turistico.

 

Eccoci nel cuore di Sesto al Reghena: l’Abbazia Benedettina di Santa Maria, di fondazione longobarda, una delle più importanti istituzioni monastiche del Friuli Venezia Giulia, il cui atto di donazione ha compiuto nel 2012 i primi 1.250 anni. L’Abbazia di S. Maria di Sesto o in Sylvis (così denominata perchè allora immersa in una estesa selva, dal latino “silva”) venne fondata intorno alla prima metà dell’ VIII sec.; nel 762 ricevette la donazione di tre nobili longobardi Erfo, Marco e Anto alla quale seguirono numerose altre.

Nell’899 subì la devastante invasione degli Ungheri che la distrusse quasi completamente, ma tra il 960 e il 965 l’abate Adalberto II iniziò l’opera di ricostruzione e l’abbazia accrebbe la sua potenza non solo sul piano religioso, ma anche civile, tanto da assumere l’aspetto di castello medioevale con il suo sistema difensivo formato da  torri e fossati.

Con il diploma del 967 Ottone I donò al Patriarcato di Aquileia l’Abbazia di Sesto che più tardi, nel 1420, passò sotto la dominazione della Repubblica Veneta che la affidò, nel 1441, a prelati secolari che  non vi risiedevano. 

Soppressa la Commenda, i beni e le proprietà dell’abbazia vennero messe all’asta. Dopo varie vicende la giurisdizione religiosa passò alla diocesi di Concordia (1818) e nel 1921 la Santa Sede le riconobbe di nuovo il titolo di “Abbazia”.

Santa Maria si presenta “in forma di Castello”, ossia è fortificata, in quanto nel corso della sua storia, soprattutto nei secoli alti, è stata attraversata dalle scorrerie dei popoli dell’est: questo ha costretto gli abati a costruire intorno alla basilica ed al chiostro una cinta muraria, che ebbe anche sette torri, delle quali sopravvivono la torre  d’entrata, detta anche torre Grimani, e, soprattutto la torre campanaria, che annuncia la presenza di Santa Maria all’orizzonte.

 

 

Il percorso di visita inizia proprio dalla piazza dalla quale si imbocca il ponte che consente l’ingresso all’isola fortificata che ospita da  più di 1.250 anni il monastero. Si tratta di piazza Barbo, che deve il suo nome ad un abate commendatario, Pietro Barbo, che divenne Papa con il nome di Paolo II. Già da piazza Barbo possiamo farci una prima idea del complesso monastico.

Il ponte,per esempio,  in antico non era in muratura, ma era un tipico ponte levatoio, che veniva chiuso ogni notte e ogni volta che si prospettava una situazione di pericolo per i monaci e la comunità religiosa sestense. Per entrare in piazza Castello dobbiamo oltrepassare la torre che la protegge. Si tratta della torre che deve il suo aspetto attuale alle modifiche ed agli affreschi che la famiglia Grimani (che “regnò” sull’abbazia dal 1503 al 1627) fece realizzare per abbellirla e celebrare le proprie gesta.      

 

 

Di fronte appare la massiccia torre vedetta scandita da lesene (1050 ca.), trasformata in campanile; a sinistra l’antica cancelleria abbaziale; a destra la residenza degli abati (oggi sede municipale), costruzione di impianto rinascimentale sulla cui facciata si conservano gli stemmi affrescati di cinque abati commendatari. A sinistra di quest’ultima l’entrata e il corpo dell’abbazia.  La facciata d’ingresso (A), risultato di modifiche avvenute lungo i secoli, è aperta da un semplice portale sopra il quale ci sono degli affreschi datati XI-XII sec. (Arcangelo Gabriele, entro lunetta; S. Benedetto) sovrastati da trifore; a sin. una loggetta (B) affrescata nelle pareti interne con una Scena cavalleresca e una Investitura, in quella esterna con S. Cristoforo, Madonna col Bambino e i SS. Pietro e Battista; del XIV sec., a des. una scala balaustrata conduce al salone, un tempo coro notturno per i monaci oggi adibito a manifestazioni culturali.

Varcando il portone si accede al vestibolo (C) interamente affrescato (nelle pareti il ciclo allegorico dell’Inferno a sinistra, del Paradiso a destra e di S. Michele, nella facciata interna) dell’inizio del ’500, attribuito ad Antonio da Firenze e allievi.     

 

 

Nel vestibolo si apre a sinistra la Sala Museo (E) con reperti archeologici di varie epoche. Si passa poi all’atrio romanico (F), diviso in tre navate da pilastri quadrangolari che conservano tracce di decorazione a fresco; da notare  nella parete sud (a destra della porta d’ingresso della chiesa)  l’affresco trecentesco con l’Incontro dei tre vivi e dei tre morti, uno dei più bei esempi di raffigurazione tardo medioevale della morte.

L’interno della chiesa presenta un notevole apparato di pittura a fresco  tra le quali spiccano quelle della zona presbiteriale eseguite intorno al secondo e terzo  decennio del XIV sec. da pittori di scuola giottesca.      

 

 

 

 

 

 

 

Nella facciata interna d’ingresso (G) entro lunetta, la Madonna nimbata (XIV sec.); sopra la bifora, stemma dell’abate commendatario Giovanni Grimani; a destra della porta il fondatore dell’abbazia Erfo con la madre Piltrude; nel primo pilastro destro Ottone e Hagalberta (metà XIV sec.). Salendo la scalinata, nel transetto destro (H), in alto la Guarigione dello Storpio, in basso la Resurrezione della vedova Tabita. Ricca di pitture la parete destra (I) con scene della vita di S. Pietro tra le quali Cristo consegna a Pietro le chiavi, Condanna dei SS. Pietro e Paolo e il Martirio di S. Pietro; più in basso la scena simbolica dell’albero mistico, il Lignum Vitae e l’Incendio di Roma. Sulla parete adiacente, sopra l’abside destra, S. Pietro incontra Gesù Cristo sulle acque. Il semicatino dell’abside centrale (L) ospita, l’Incoronazione della Vergine mentre nella fascia sottostante una finestrella divide due episodi: a destra la Nascita di Cristo e a sinistra  l’Annuncio dell’angelo ai pastori; al di sotto nei quadrilobi e nelle nicchie, Santi. Nel transetto sinistro (M), in alto un episodio della vita di S. Benedetto, in basso l’Assunzione di S. Giovanni Evangelista. Nel tiburio si conservano episodi della vita di S. Benedetto, di S. Giovanni Evangelista e della Vergine; nei pennacchi affreschi raffiguranti gli Evangelisti e nell’archivolto della parete decorazioni con busti di Santi entro formelle a losanga.     

Nella CRIPTA, che si estende sotto il presbiterio ed è scandita da volte a crociera impostate su colonnine marmoree, si conservano l’Urna di S. Anastasia, splendido monumento d’età longobarda formata dai resti di una cattedra di marmo greco; il Vesperbild, la quattrocentesca Pietà in pietra arenaria da attribuire ad un maestro tedesco; l’Annunciazione degli inizi del XIV sec. con l’angelo e la Vergine iscritti entro una nicchia aperta su due archi trilobati.   

 

 

 

 

 

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