Polcenigo

Polcenigo Acque fresche e ritmi lenti



Il nome

Deriva dal toponimo prediale romano  Paucinius (territorio appartenente a Paucinio). Il suffisso in "igo" lascia intendere anche un’origine celtica. La versione romantica rimanda a una poucelle (pulzella, ragazza) che era la figlia, molto bella, del francese conte di Blois, al quale nell’anno 875 Carlo il Calvo avrebbe donato il territorio di Polcenigo.

Da vedere

La visita del borgo comincia dal castello, che sorge in cima a una collina da cui domina il l’intera vallata. Come posto di avvistamento, tradizione  vuole che sia stato assegnato nell’ 875 da Carlo il Calvo a un suo luogotenente. Come castello, per quattro secoli resistette a guerre e invasioni; distrutto da un incendio, fu ricostruito tra il 1738 e il 1770 come villa veneta dall’architetto veneziano Matteo Lucchesi e fu connesso al borgo di sotto tramite una scalinata di 365 gradini in pietra. Degli splendori di un tempo rimangono solo le mura perimetrali e parte della chiesa di San Pietro.

La piazza è dominata da palazzo Fullini, una delle dimore signorili cinque - secentesche che impreziosiscono Polcenigo. Secondo alcuni opera dell’architetto Domenico Rossi, apparteneva alla famiglia Fullini che nel Seicento acquistò il titolo di conte dalla Repubblica di Venezia. L´esterno è caratterizzato dal porticato con cinque archi a bugne, da due trifore con graziose colonnine e poggiolo e da numerosi mascheroni. All´interno sono conservati stucchi del Settecento. Proseguendo lungo via Gorgazzo troviamo palazzo Scolari-Salice, una dimora gentilizia del XVI secolo ristrutturata nel rispetto dell’originaria tipologia. Il bel giardino ottocentesco all´italiana del palazzo è addossato alla collina e vi si accede mediante un ponte che attraversa un torrente.

Lungo la via Coltura troviamo una serie di palazzi del "borgo di sotto", come palazzo Zaro che fu venduto dai conti di Polcenigo, insieme ad una parte del titolo, alla famiglia Manin per riscattare i fratelli Marzio e Gio Batta caduti prigionieri dei turchi.

Il palazzo che ospita il teatro è databile al XVI secolo: era il teatro dei conti di Polcenigo.

Situata tra il borgo e il castello, la chiesa di San Giacomo in origine era la chiesa di uno dei primi conventi francescani del Friuli, già esistente nel 1262. Al suo interno convivono elementi di varie epoche, come il portale cinquecentesco, l´armonioso interno settecentesco, affreschi trecenteschi,  una settecentesca Natività della Vergine del pittore veneto Egidio Dall´Oglio. Inoltre custodisce un organo settecentesco del veneziano Giacinto Pescetti, pregevoli altari marmorei e arredi lignei quali gli stalli settecenteschi. L’oratorio di San Rocco risale al XIV secolo e porta tracce di rimaneggiamenti secenteschi. Lo affianca una massiccia torre campanaria, ottenuta probabilmente dalla trasformazione di un´antica torre della cinta muraria del borgo.

La chiesa di Ognissanti,  fondata nel 1371, è frutto di varie modifiche e si presenta, dopo i recenti restauri, come un´aula rettangolare senza presbiterio distinto e con sacrestia dietro l´altare. La forme attuali della chiesa di S. Lorenzo, di fondazione duecentesca, risalgono in buona parte a lavori di restauro compiuti tra il 1890 e il 1908. L´interno, a navata unica, ospita un tabernacolo e un altare del portogruarese Giovanni Battista Bettini del XVIII secolo e una pala seicentesca della Trinità di Tiziano Vecellio detto il "Tizianello", discendente dell´omonimo pittore cadorino.

La chiesa di San Giovanni, di antica origine e ampliata agli inizi del Novecento, conserva un dipinto cinquecentesco raffigurante la Trinità, una tela settecentesca di Egidio Dall´Oglio, due tele del pittore friulano don Sebastiano Valvasori dei primi anni dell´Ottocento, e due altari di Antonio Nardi realizzati a cavallo tra Sette e Ottocento.

Infine, sulla sommità del colle, c’è la pieve dedicata a San Floriano, martirizzato nel 304, nominata nel placito dell´imperatore longobardo Liutprando del 743C. La struttura attuale della chiesetta di San Floriano, che riutilizza materiale anche romano, è costituita da un pronao a pianta quadrata e da un´aula rettangolare completata, a oriente, da un´abside semicircolare. Notevole la decorazione pittorica, purtroppo frammentata, che decora le pareti dell´aula e dell´abside. Gli affreschi a più mani (fine XIV – inizio XV secolo) sono forse da attribuire alla scuola di Vitale da Bologna oppure di Tommaso da Modena.

Il prodotto

E’ senza dubbio il cesto in vimini. La lavorazione del vimini, con cui si intrecciavano cesti e cestoni da vendere ai contadini in occasione della vendemmia, era un’attività tipica degli abitanti del borgo. Il prodotto principale era il zhestón, che aveva un impiego soprattutto domestico, ad esempio per il trasporto del bucato.

Il piatto

La specialità è la trota dell’Alto Livenza, pesce che trova nelle acque pure e azzurre del Livenza il suo habitat naturale.
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